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NOSTALGIA e revival social

L’era della Social Nostalgia12 min read

L’era della Social Nostalgia

I social media sono diventati lo spazio perfetto per la nostalgia e i revival sempre più frequenti e ravvicinati.

di Sofia Bettio

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A gennaio 2022 lo storico della musica Ted Gioia pubblica, nella sua seguitissima newsletter settimanale, l’articolo “Is old music killing new music?” in cui si domanda se l’enorme successo delle hit del passato nelle piattaforme di streaming non sia solo l’ennesimo sintomo di una società che ha perso la propria spinta creativa in quel vortice bulimico di informazioni, estetiche e tendenze che sono i social.

La musica, soprattutto quella pop, basa, infatti, il proprio successo sulla novità, sull’essere la “next big thing”. Ma quando i trend si succedono così velocemente diventa sempre più difficile mantenere il proprio status, restare sulla cresta dell’onda. Capita persino che artisti di fama internazionale vengano costretti dalle etichette ad aprirsi un account su TikTok sperando di rendere 15 secondi della propria nuova canzone virale per qualche settimana

Ma, in fondo, non possiamo prendercela con le popstar: siamo tutti stanchi, affaticati dalla FOMO, spaventati di perderci l’ultima tendenza che ci propina TikTok. Sentiamo fisicamente la necessità di vedere, leggere, indossare o ascoltare quello che stanno vedendo, leggendo, indossando o ascoltando gli altri sui social.

In questo contesto niente riesce a durare, nemmeno la hit più orecchiabile. La nausea per la novità ci ha permeato tutti, come un’infiltrazione d’acqua, lenta ma costante.

All’ansia per il futuro sempre più spaventoso, si oppone un sentimento antico, tanto romantico quanto rasserenante: la nostalgia per il passato. L’idealizzazione delle epoche trascorse, la capacità dei social di renderle sempre più #aesthetic, hanno reso la nostalgia la weltanschauung della nostra generazione. “Future nostalgia” come direbbe Dua Lipa, non per niente una delle poche pop star davvero iconiche oggi.

La nostalgia è un sentimento atavicamente umano, uno degli aspetti dell’interiorità collettiva che ci ricorda quanto quello che siamo oggi non sia altro che l’accumulo caotico del nostro comune passato come società.

Se cerchiamo la definizione sul vocabolario troveremo qualcosa tipo “unione di piacere e tristezza causati dal ricordare qualcosa del passato sapendo di non poterlo rivivere di nuovo”. I “bei vecchi tempi” vengono rivisti con occhi diversi, con la consapevolezza del presente, e dolcemente idealizzati.

Quando è passato abbastanza tempo, la nostalgia per un certo periodo storico non è più solo memoria comune di una certa generazione ma diventa culto, revival appunto, per tutta la società. L’abbiamo visto solo pochi anni fa, con l’esplosione della moda anni Cinquanta, dalle pin-up a baffi e bretelle, dagli American Diner al burlesque.

La possibilità di condividere in tempo reale pensieri, informazioni e foto, sempre accessibili con qualche scrollata, ci immerge in una specie di eterno presente e, contemporaneamente, perpetuo passato. Possiamo accedere facilmente a ricordi di un mese o di dieci anni fa, ricordare i dettagli di ciò a cui abbiamo messo like o attività banali che abbiamo svolto.

Cosa cambia allora nella nostalgia del 2022 rispetto a quella degli anni Ottanta o Novanta?  La velocità. Un mondo sempre più fondato sui meccanismi e sulle dinamiche social è un mondo che corre rapidissimo, allo stesso folle ritmo con cui un trend sostituisce quello precedente.
La quantità di immagini e informazioni a cui siamo esposti è troppo elevata e non ci permette di processare correttamente quello che esperiamo. L’orizzonte culturale diventa, quindi, sempre più confuso e camaleontico perché non abbiamo il tempo di fermarci e rielaborare con attenzione quello che ci sta intorno.
Davanti a questo caos informativo, estetico e culturale il passato appare come una scialuppa di salvataggio, rasserenante e facilmente controllabile, un punto d’osservazione privilegiato verso il mondo di oggi.

Ma anche la nostalgia deve rispettare le regole dei social perdendo quindi l’elemento di stabilità per trasformarsi in una continua rivisitazione e idealizzazione di sé stessa. Prendiamo i look anni 90 de “I Soprano”: dopo essere diventati virali su Instagram (esiste addirittura un account dedicato) sono passati a TikTok, dove sono stati rivisti, modificati e infine divorati dal trend successivo.

Questo perchè su TikTok si passa, nel tempo di uno scroll, dall’Ottocento attualizzato di Bridgerton alla indie wave del 2010. Assistiamo impotenti ad uno schiacciamento temporale in cui quello che è successo trent’anni fa ha lo stesso sapore vintage del vestito di latex di Kim Kardashian al Met Gala del 2019.

Ma se possiamo provare nostalgia per qualunque momento storico, che sia ieri o il Medioevo, cos’è davvero il passato sui social?

Per una generazione cresciuta con lo smartphone e i social network il passato recente sembra preistoria. La possibilità di condividere in tempo reale pensieri, informazioni e foto, sempre accessibili con qualche scrollata, ci immerge in una specie di eterno presente e, contemporaneamente, perpetuo passato. Possiamo accedere facilmente a ricordi di un mese o di dieci anni fa, ricordare i dettagli di ciò a cui abbiamo messo like o attività banali che abbiamo svolto.

Siamo arrivati in pochi anni a provare nostalgia e a celebrare la nostra vecchia vita digitale (come per il trend #2014Tumblr) comprese le mode, le canzoni, le star e le abitudini di quel periodo. Potremmo chiamarla Social Nostalgia o la nostalgia della generazione di Internet, quella che usa i social per ricordare quanto si stava bene quando si usavano altri social.

Siamo arrivati in pochi anni a provare nostalgia e a celebrare la nostra vecchia vita digitale (come per il trend #2014Tumblr) comprese le mode, le canzoni, le star e le abitudini di quel periodo. All’ansia per il futuro sempre più spaventoso, si oppone un sentimento antico, tanto romantico quanto rasserenante: la nostalgia per il passato, che sui social network è diventato il trend dei trend, nonché pura #aestethic.

La nostalgia per epoche appena trascorse è ormai il trend dei trend, tanto che a impersonarla sono spesso sedicenni che quei periodi non li hanno nemmeno vissuti: profili di ragazzine agghindate come gli emo nel 2010, il ritorno della musica indie (sempre più scaricata nelle piattaforme di streaming) o di hit anni Ottanta trainate dal successo di Stranger Things 4, il culto per la vita bassa e la matita scura intorno alle labbra, le serie tv che ricreano look che pensavamo dimenticati per sempre (la tuta Juicy Couture in Euphoria, per dirne una).

Ma perché lo facciamo? Cosa spinge un’intera generazione a voler vivere in un passato nemmeno così passato e per di più idealizzato? Risposta breve: il trauma. Risposta un po’ più lunga: l’era digitale è troppo veloce, tanto da farci sentire la mancanza di periodi appena trascorsi. Anni caratterizzati, tra l’altro, da un contesto globale meno spaventoso di quello odierno, o almeno così vogliamo immaginare, rimuovendo abilmente gli aspetti più inquietanti che abbiamo vissuto in passato.

Dal 2017 ad oggi, con l’ascesa di Trump, la diffusione dei governi populisti in Europa, la Brexit, la crisi climatica, la pandemia globale e ora la guerra in Ucraina non possiamo di certo dire di aver vissuto anni tranquilli. Questo senso di ansia costante, mancanza di sicurezze e sfiducia verso il futuro ha spinto ad un ritorno al passato, anche quello così vicino da sembrare ieri, ma comunque consolatorio.

Ad amplificare questa dinamica è stata sicuramente anche l’ondata di positività tossica che dal 2017 al 2019 ha inondato i social, bersagliandoci con foto di tonicissime ragazze bionde che bevevano il loro matcha latte in una casa perfettamente ordinata. 

La pressione sociale (e social) per la perfezione, la felicità a tutti i costi e l’ “enjoy the little things” ci ha resi sempre più insicuri e infelici. La ricerca di serenità e stabilità ci ha così riportati al passato, più rasserenante e apparentemente meno complesso.

Poi è arrivato il covid…ed è cambiato tutto ancora una volta. Una generazione già al limite si è trovata ad affrontare una pandemia globale, costretti in casa e spinti a rifugiarsi nei ricordi di una vita normale, così vicina ma già così lontana. 

Allo stesso tempo non possiamo non considerare che, a causa dei social e del magico mondo di internet, le reference culturali di generazioni diverse si sono uniformate (non importa che tu abbia 20 o 50 anni, vediamo, ascoltiamo e compriamo tutti le stesse cose). 

Questo ha reso la Gen Z sempre più priva di un posto proprio, di un linguaggio personale, di sottoculture. La nostalgia diventa allora un mezzo per riappropriarsi di una nicchia nel tempo in cui essere unici e speciali, in cui esprimersi liberamente, in un modo diverso e incomprensibile alle altre generazioni…. ”If you know, you know”.

Se il recupero del passato è un fattore presente in tutte le epoche storiche la differenza con il presente è la velocità. Una velocità che nasce dal dominio dei social (e dell’algoritmo che li caratterizza) nella nostra era. Se i trend diventano microtrend, quello che fino a poco tempo fa potevamo considerare presente ora è già passato. È così che possiamo recuperare con nostalgia mode, canzoni ed estetiche di appena qualche anno fa. Insomma il revival non è più un’estetica ma un trend, che si rinnova continuamente.
Ve lo ricordate il Normcore? L’abbiamo già recuperato dal “passato” e rinnovato con il subversive basic, forse vi siete distratti per cinque minuti e ve lo siete perso.


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Autrice, content creator e talent video, nata a Padova ma di base a Milano. Ha collaborato con GRLS e Factanza.

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