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Fare schifo non fa più schifo?

Fare schifo non fa più schifo?13 min read

Fare schifo non fa più schifo?

La de-romanticizzazione della vita e il suo racconto

di Roberta Cavaglià

Artwork di Karen Harte

Fino a qualche anno fa non ho mai avuto tempo di fare schifo. Ero troppo occupata a essere brava in qualsiasi cosa mi mettessi in testa di fare oppure a smettere di fare le cose in cui non diventavo abbastanza brava. Non so neanche dire se mi piaccia davvero correre o se mi interessi davvero suonare la chitarra: dopo un po’ di tempo avevo capito che non ero abbastanza brava, ed era finita lì. Tre anni fa ho deciso di imparare ad andare sui pattini a rotelle. Sapevo già pattinare, ma volevo farlo come le ragazze di Venice Beach su TikTok. Ancora oggi passo la maggior parte del mio tempo a provare a cadere in avanti, che fa meno male che cadere all’indietro. L’unica cosa che ho imparato è che tutto quel tempo che ho passato a cercare di essere la più brava, avrei potuto passarlo a fare schifo. Fortunatamente, non sono l’unica.

Nello stesso periodo in cui l’algoritmo mi ossessionava con tramonti californiani e tutorial impossibili, il resto di TikTok era popolato soprattutto da contenuti che spingevano utenti e  aspirati creator a idealizzare le loro vite. “Devi iniziare a romanticizzare la tua vita. Devi iniziare a pensare di essere la protagonista della storia. Se non lo fai, la vita continuerà a scivolarti accanto e continuerai a non notare le piccole cose che la rendono così bella”, recita uno degli audio più popolari, accompagnato da persone – molto spesso giovani donne – che comprano mazzi di fiori freschi, preparano colazioni sane e accendono candele profumate. “Essere la protagonista della storia vuol dire poter agire in libertà, una cosa di cui la pandemia ci ha privati”, ha spiegato Sherry Turkle, psicologa e professoressa al Massachusetts Institute of Technology, dove studia il rapporto tra persone e tecnologia. Oggi i video con l’hashtag #romaticizeyourlife hanno raggiunto 525 milioni di visualizzazioni. Nonostante la pandemia sia ufficialmente finita, per molti utenti TikTok è ancora un posto dove poter “romanticizzare” più o meno qualsiasi cosa, dal lavoro alla cura di sé, incluso stendere il bucato. Per molti altri, qualcosa si è rotto o, semplicemente, non ha mai funzionato davvero.

L’unica cosa che ho imparato è che tutto quel tempo che ho passato a cercare di essere la più brava, avrei potuto passarlo a fare schifo.

Sulla piattaforma, la de-romanticizzazione del lavoro è iniziata con il quiet quitting e continua oggi con la tendenza dei lazy girl jobs, i lavori per ragazze che si autodefiniscono ‘pigre’ che alle 17 (o prima) chiudono il computer per non aprirlo più. “Coordinare un gruppo di persone era molto stimolante: mi sentivo viva, ma ero anche continuamente sovraccaricata di imprevisti e problemi da risolvere. Adesso è diverso: faccio la metà delle ore, la retribuzione è simile, ma il lavoro è meno attivo, meno dinamico. Certe volte il tempo non sembra trascorrere mai, ma va bene così”, mi ha raccontato durante un’intervista Alessandra, che è passata da coordinatrice a tempo pieno a psicologa a partita Iva. “Ma sai che bene non dover dare conto a nessuno se non a me stessa? Per non parlare del tempo che ho avuto per me, anche solo per dormire o guardare la tv”, ha aggiunto.

Nel linguaggio di TikTok, la riscoperta di Alessandra e di molte altre persone del proprio tempo libero, inteso come tempo vuoto, improduttivo, ha trovato la sua espressione più radicale nel bed rotting, l’hashtag che accompagna i video in cui gli utenti esaltano il piacere di ‘marcire a letto’ tutto il giorno, o diversi giorni di seguito, dormendo, guardando la tv o anche solo fissando le pareti. Il piacere dell’ozio non è una novità, e non scomoderò gli antichi per esaltarlo, anche perché il punto del bed rotting non è l’ozio in sé, ma la sua componente disgustosa. Come ha spiegato la giornalista Anne Helen Petersen nella sua newsletter The Culture Study, questa tendenza sottolinea “la squallida dicotomia della vita capitalista contemporanea, in cui sei un ‘membro attivo della società’ oppure stai ‘marcendo a casa’, e tutti sappiamo che fare schifo, marcire, non ‘essere pronti’, ‘lasciarsi’ andare, è un fallimento morale”. Per le persone disabili, anziane, costrette a letto per una gravidanza a rischio o per una malattia, stare a letto non è un’opzione, e il loro valore sociale viene costantemente messo in discussione per questo motivo. Per tutte le altre, “dormire va bene, (ma dev’essere un sonno profondo e produttivo, niente sonnellini!); prendersi cura di sé stessi va bene (finché si tratta di comprare cose, combattere l’invecchiamento, etc.); fare esercizio è ottimo (perché vuol dire disciplinare il corpo)”, ha spiegato Petersen. 

La riscoperta di Alessandra e di molte altre persone del proprio tempo libero, inteso come tempo vuoto, improduttivo, ha trovato la sua espressione più radicale nel bed rotting, l’hashtag che accompagna i video in cui gli utenti esaltano il piacere di ‘marcire a letto’ tutto il giorno.

Anche avere una passione va bene, a patto che sia una passione in cui si è abbastanza bravi da poterla trasformare in un secondo lavoro (o almeno in un contenuto con cui alimentare i social). “Ho un hobby a cui dedico tantissimo tempo e tante risorse (soprattutto economiche): colleziono dischi in vinile e spesso mi capita di fare dei piccoli viaggi per andare a visitare e scoprire nuovi negozi o per conoscere altri collezionisti”, mi ha raccontato Marta Frigerio, giornalista e digital media advisor. “È un hobby laborioso e complicato, fatto di prime edizioni, codici, catalogazione e tanta ricerca (oltre che ascolto). Tutti mi chiedono: ma perché non scrivi di musica? La verità è che non voglio perché sarebbe dare una forma e una struttura a una passione”, ha spiegato Frigerio, che vede nella sua collezione di dischi una sorta di biografia privata, non destinata a essere condivisa con un potenziale pubblico. Lo stesso vale per Matisse, una delle protagoniste della serie di Vice Bad at This, che nel suo tempo libero invece crea tappeti e candele dalle forme più strane. “Non sono contro la monetizzazione dell’arte in generale, ma ogni volta che ho provato a mettere di mezzo i soldi, ho sentito che un po’ della gioia e della meraviglia del fare se ne andavano”, ha spiegato. 

Ma la chiave per capire perché ci vogliamo sempre più pigri, improduttivi e disgustosi sta forse nella parte solo in apparenza più superficiale di questo trend: quella della cura di sé. Durante la pandemia, non era raro che le utenti impegnate a romanticizzare le loro vite coltivassero infatti anche l’ossessione estetica per la vita di campagna (il cottagecore) e per le routine mattutine a base di sport, colazioni sane e skincare accompagnate dall’hashtag #thatgirl. Entrambi i trend offrivano infatti una versione romanticizzata della quotidianità: nel caso del cottagecore, una vita di semi-autosufficienza a base di pane appena sfornato, verdure dell’orto e camminate nei boschi, mentre per #quelleragazze, l’illusione che il benessere non solo fisico, ma anche mentale, possa dipendere da maschere in tessuto e caraffe di acqua al limone. Proprio come per il lavoro e il tempo libero, anche per la (presunta) cura di sé la de-romanticizzazione passa per il suo completo opposto, ovvero lo schifo, inteso questa volta nella sua maniera più letterale. “Il goblin mode è l’esatto contrario dell’ottimizzazione di sé stessi. È il tipo di energia che caratterizza il 2022 – ci sentiamo tutti un po’ selvaggi e folli in questo momento”,  ha dichiarato al Guardian la content creator Juniper per spiegare la trasformazione degli utenti da fatine dei boschi a goblin casalinghi dall’aspetto trascurato, intenti a combattere la coda lunga della pandemia e più in generale il logorio della vita moderna abbandonandosi allo scrolling e al binge eating. A sua volta, il goblin mode ha trovato la sua declinazione più estetica e femminile nell’hashtag #feralgirlsummer, un inno al godersi la vita per come viene, anche senza SPF 50. “Non mi alzerò mai alle 5 di mattina per bere estratti di frutta ed essere super organizzata. Sono una tipa che sta su Reddit alle 4 di mattina, beve una Coca light a colazione e mangia avanzi di pasta con le mani a merenda”, recita uno dei video più popolari di questa controtendenza. 

Entrambi i trend offrivano infatti una versione romanticizzata della quotidianità: nel caso del cottagecore, una vita di semi-autosufficienza a base di pane appena sfornato, verdure dell’orto e camminate nei boschi, mentre per #quelleragazze, l’illusione che il benessere non solo fisico, ma anche mentale, possa dipendere da maschere in tessuto e caraffe di acqua al limone.

“Penso che quando aspiriamo alla perfezione, anche in qualcosa che ci può apparire innocente come una skincare routine, in realtà stiamo aspirando al controllo”, ha scritto P.E. Moskowitz in un numero della newsletter The Unpublishable. In un mondo che corre veloce, e soprattutto di fronte a cambiamenti epocali come la pandemia e le sue conseguenze, l’illusione del controllo acquista ogni giorno più valore, e lo fa soprattutto negli ambiti su cui ci sembra di avere più potere, come la cura di sé. Ma, come qualsiasi illusione, anche quella del controllo, prima o poi finisce per scontrarsi con la realtà. In un posto che a volte sembra lontanissimo dalla realtà come Internet, il risultato sono tendenze che rappresentano la nostra voglia di essere pigri, selvaggi, decadenti, poco o per niente produttivi e spesso fuori controllo, e per questo, fieramente schifosi.

In un posto che a volte sembra lontanissimo dalla realtà come Internet, il risultato sono tendenze che rappresentano la nostra voglia di essere pigri, selvaggi, decadenti, poco o per niente produttivi e spesso fuori controllo, e per questo, fieramente schifosi.

A più di tre anni dalla fine della pandemia, l’evento che negli ultimi anni ha alimentato più di tutti la nostra ossessione per il controllo, su TikTok coesistono abbastanza pacificamente sia i video sui tre modi in cui puoi romanticizzare la tua vita (di solito c’entrano fiori e cartoline), che il loro contrario, come quelli del famoso de-motivatore Singh. Fuori è lo stesso, anche perché come ricorda Moskowitz, “lasciarti andare non è una soluzione rivoluzionaria al cambiamento climatico, al capitalismo, o a qualsiasi altra cosa. Mettere giù il mascara non vuol dire prendere in mano falce e martello”. Nel mondo reale, fare schifo non una novità perché abbiamo sempre fatto schifo, per quanto ci siamo sforzati di nasconderlo: avere un corpo che si sporca e invecchia e una mente che si ribella al ritornello del “tutto lavoro e niente svago” è semplicemente umano. L’aspetto rivoluzionario è che siano stati una piattaforma e i suoi video da meno di 30 secondi a ricordarcelo. 


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Si occupa di giornalismo, traduzione e scrittura di contenuti. Scrive di immigrazione, affari europei e Internet. Nel tempo libero impara nuove lingue, ascolta podcast e va sui pattini (rigorosamente a quattro).

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