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Gen T Swift14 min read

Gen T Swift

Affinità e divergenze tra Millennials e Gen Z nel culto di Taylor Swift

di Agnese Capiferri

La prima volta che ho sentito una canzone di Taylor Swift, io Millennial, ero seduta in sesta fila in uno dei banchi di legno chiaro della mia chiesa locale. Avrò avuto sì e no diciotto anni, i jeans a vita troppo bassa e un faccino imbronciato – ero già dolce e incline a manifestare le mie emozioni, ma ancora non sapevo come farlo. E quindi via di broncio. Stretta a mia sorella Irene, anche lei Millennial e imbronciata, me ne stavo in silenzio ad ascoltare il saggio di chitarra della nostra sorellina Chiara, una GenZ ai primi esperimenti creativi.

Dopo un’interminabile sequenza di bambini alle prese con La Canzone del Sole, Dolce Rémi e Come Mai (borderline blasfemia?), io e Irene vediamo salire sul palco-altare due di noi. Stessi jeans a vita bassa, chitarre acustiche, voci giovani, e pochi istanti di canzone bastano a imporre due dita di pelle d’oca sulle mie braccia nude. Eccole lì le mie dolci emozioni, incuranti della mia faccia imbronciata. Guardo Irene e il suo braccio magro, ugualmente impotente nel resistere alla stessa pelle d’oca. Ci sorridiamo timide e imbarazzate.

Non l’avevamo mai sentita prima, ma quella era You Belong With Me di Taylor Swift e presto avrebbe dato il via a un vero culto, nonché a una nuova fase della nostra sorellanza, che da allora in poi si sarebbe estesa oltre le mura di casa, ad abbracciare le ragazzine-future-donne di tutto il mondo. E quel tipo di emozione, quella pelle d’oca di quando senti in parole e musica quello che avresti sempre voluto sapere come esprimere, beh, sarebbe rimasta una sensazione innegabilmente Taylor Swift-related. Ancora adesso, per noi ragazzine di un tempo ora donne, per noi Millennials.

Non l’avevamo mai sentita prima, ma quella era You Belong With Me di Taylor Swift e presto avrebbe dato il via a un vero culto, nonché a una nuova fase della nostra sorellanza, che da allora in poi si sarebbe estesa oltre le mura di casa, ad abbracciare le ragazzine-future-donne di tutto il mondo.

Da quel pomeriggio in chiesa ad oggi che è il 2024, ho visto Taylor costruire un successo planetario. Ha superato la trappola conservatrice della country music, ha sperimentato tantissimo musicalmente e non, e ha mosso milioni di persone con il potere fiero delle parole cheesy e lucide dei suoi testi. È rimasta una voce intrinsecamente femminile, romantica senza vergogna, e ha iniziato a parlare non solo alle ragazze della sua generazione, ma anche a chi veniva prima e soprattutto a chi è venuta dopo. La sua fanbase di oggi è infatti quasi perfettamente divisa tra Millennials e GenZ, e io e le mie sorelle ne siamo un azzeccato esempio.

Tre modi di vivere taylor swift

Sul motivo del successo di Taylor Swift si è già scritto a sufficienza e molto meglio di quanto avrei potuto fare io (shout out a Michele Serra che in una puntata della sua newsletter Ok Boomer! insiste su quanto ascoltare le parole dei testi della cantautrice americana sia l’unico modo per comprendere davvero la portata del fenomeno). Da Swiftie convinta allora, lascio stare l’analisi del successo mediatico e mi prendo un altro compito, di influenza antropologica (?): voglio guardare a chi (come me) ha vissuto tanti momenti della vita scanditi dalle sue tracce, per capire se questi Swifties possano dirci qualcosa delle nostre esistenze.

Un azzardo? Forse, ma portando avanti il mio compito ho scoperto tante differenze interessanti tra gli Swifties Millennials e gli Swifties GenZ che mi hanno fatto pensare a quanto il microcosmo di un fenomeno culturale possa riflettere il macrocosmo delle tendenze generazionali. Ovviamente mi sono trovata a giocare con i clichés, quindi nessuno me ne voglia se non si riconosce in quello che leggerà— i clichés insegnano sempre qualcosa, senza essere però mai (del tutto) veri.

Innanzitutto, il modo di cantare le canzoni di Taylor Swift sembra essere diverso per le due generazioni.

Innanzitutto, il modo di cantare le canzoni di Taylor Swift sembra essere diverso per le due generazioni (vi agevolo una reference). I Millennials, nei loro piccoli bilocali, creano una vera performance: presenza scenica, massima espressività, sguardo drammatico alla platea tutta. E l’immancabile microfono o spazzola-microfono in mano. I GenZ invece, nelle case dei loro genitori, contrappongono un piglio più asciutto: gesti netti, tono sicuro, e uno sguardo deciso rivolto alla sola telecamera, perché qui la platea immaginaria proprio non c’è.

E io penso: ma questo non è il riflesso delle diverse visioni del mondo che hanno le due generazioni in questione?

La generazione Millennial dopotutto è cresciuta nell’abbondanza e nella prospettiva che questa non sarebbe mai finita. Come me, sono certa che anche tanti altri Millennials siano approdati alla vita adulta aspettandosi un mondo sognante, una realtà teatrale che ci eravamo rappresentati, ma che aveva molto poco di reale e solo tanto di ideale. Ci vedevamo prendere la scena e dimostrare il nostro essere speciali, esibendo una vita perfetta per gli occhi degli altri e delle loro vite (meno) perfette. E poi è andato tutto storto.

I GenZ sono cresciuti nel nostro sogno che stava già sbiadendo, l’hanno assaggiato ma non se ne sono fatti convincere. Forse si sono privati di un po’ di empatia e immaginazione, ma sono arrivati nel mondo adulto con meno aspettative e più azione, pratici nelle loro richieste e sicuri delle loro opinioni. Un po’ come quando cantano “Baby, was it over, When she laid down on your couch?” con sguardo in camera.

Anche il modo di fare video ai concerti di Taylor Swift sembra essere diverso.

Anche il modo di fare video ai concerti di Taylor Swift sembra essere diverso. I Millennials filmano il palco, estasiati e quasi in adorazione, riempiendosi la Camera Roll di video apparentemente tutti uguali, i cui diversi sottofondi audio non riascolteranno mai. I GenZ invece filmano se stessi mentre cantano guardando il palco, riempiendosi la Camera Roll di video apparentemente tutti uguali, di cui non sceglieranno mai il migliore da condividere.

E questo mi sembra che forse riveli un modo generazionale di approcciarsi alla vita, di stare nel presente.

Tra le mie amiche Millennials non so quante ne conto che guardano agli altri e si mettono a confronto. Non vale ovviamente per tutti, ma siamo una generazione che tiene lo sguardo rivolto verso l’esterno, spesso incerto e in cerca di un’approvazione. È facile trovare ispirazione negli altri, e altrettanto facile cercare di compiacerli e poi aver paura di deluderli. I GenZ invece sono una generazione forse più concentrata su sé stessa. Credo si facciano protagonisti della propria vita con più nonchalance, tenendo lo sguardo puntato su di sé. Della serie, va bene Taylor tu spacchi, ma qui non si tratta del tuo concerto ma di me che vivo il tuo concerto.

Infine, pure il modo di rispondere alla domanda Qual è la tua canzone di Taylor Swift preferita? sembra essere differente.

Infine, pure il modo di rispondere alla domanda Qual è la tua canzone di Taylor Swift preferita? sembra essere differente (reference). I Millennials indugiano, vorrebbero dirne tantissime perché tantissime sono quelle che gli ricordano precise emozioni vissute; i GenZ invece vanno sicuri, sanno qual è la loro traccia preferita del momento, sanno anche perché, e rispondono senza esitazione o rimpianti.

E un piccolo vantaggio Millennial

E qui la mia originale interpretazione sociologica è che questo corrisponda al differente approccio alle scelte e alle opinioni, e quindi al modo di affrontare il futuro.

Io sono un’indecisa cronica, come dice la mia bio di Instagram, ma di Millennials indecisi come me ne ho incontrati tanti. Siamo stati la prima generazione a crescere con una miriade di possibilità davanti: potevamo fare tutto, scegliere tutto, essere tutto. E forse le troppe scelte ci hanno un po’ paralizzato. Siamo una generazione che ha fatto e sta ancora facendo fatica ad autodeterminarsi, che si chiede continuamente che senso dare alla propria esistenza. Credo che anche i GenZ si facciano tantissime domande sulla vita, ma forse sono più bravi a darsi risposte, magari non corrette o definitive, ma che funzionano come soluzioni durante il percorso. Sono cresciuti con qualche idea in meno verso cosa avrebbero trovato dopo, e ne hanno guadagnato nell’avere volontà più chiare. 

Ma se da una parte ci sono questi due tipi di Swifties a contendersi il titolo di miglior fan, dall’altra parte c’è lei, Taylor Swift, che è una Millennial per eccellenza. È Millennial il suo venire da un mondo innocente e fatato, fatto di capelli biondi e cappelli country, di sorrisi da brava ragazza bianca e canzoni d’amore romantico; è Millennial il suo impatto con una realtà adulta che è cambiata improvvisamente, e il tentativo di trovare sé stessi, prendendo strade sbagliate nel costruirsi (hey, Reputation album penso a te); è Millennial la sua difficoltà a far riconoscere il suo valore di donna, e a parlare di un femminismo che non ci è mai stato insegnato; è Millennial il suo cantare delle difficoltà di costruire un amore, una maternità, una famiglia per le donne della sua generazione. E poi, sono Millennial le sue pause.

Ma soprattutto, è Millennial il suo aver attraversato tante ere, cambiando pelle con una consapevolezza così onesta e disarmante da potersi permettere di giocarci su, con il suo attuale “The Eras Tour”

Ma soprattutto, è Millennial il suo aver attraversato tante ere, cambiando pelle con una consapevolezza così onesta e disarmante da potersi permettere di giocarci su, con il suo attuale “The Eras Tour”. Non so se si possa essere molto più accoglienti verso sé stessi di così. E anche questo ora che finalmente siamo cresciuti, è estremamente Millennial. O almeno io mi auguro che lo sia. Per me, per noi.

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E allora io mi tengo la pelle d’oca ad ascoltare certi suoi testi, e la tristezza che scivola via quando ballo sulle sue note in casa da sola; mi tengo la sua voce che esce dalle AirPods durante l’ennesimo maledetto decollo aereo, e le sue canzoni cantate a squarciagola in macchina con la mia amica Claudia; mi tengo l’aneddoto del sesso con un ragazzo californiano che è stato a una sua festa di compleanno, e i miei biglietti per San Siro 2024.

E alla fine non so quale metà degli Swifties sia la metà migliore, ma direi che un piccolo vantaggio ce l’abbiamo noi Millennials. Non sulla vita, quello mai, ma su Taylor Swift sì dai. A voi il giudizio su quanto questo sia rilevante.

 

@jakedeyton1

Proud to be a millennial just like @taylorswift love you too Gen Z and X 💕 #taylorswift #swiftie #swiftok #taylornation #genz #millennial

♬ original sound - Jake Deyton


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