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Il talento in vetrina14 min read

Il talento in vetrina

Il caso di Olivia Rodrigo e la gestazione collettiva della musica.

di Elisa Lipari

Gli spazi virtuali che da ormai decenni Internet offre ci hanno abituato a poter fruire di contenuti — e crearne a nostra volta — di continuo. Dagli innumerevoli social network alle piattaforme di blogging, dalle newsletter ai podcast, una percentuale sempre più sostanziosa degli spazi digitali che si vengono a creare ci introducono alla pratica della condivisione, della creazione, della performatività.

Lo spazio che abbiamo a disposizione, idealmente infinito, oscilla tra il diario — segreto — pubblico e la nostra vetrina personale verso il mondo. In questo panorama, le potenzialità che questi luoghi volatili offrono allo sviluppo della creatività di una persona sono immense: io per prima – e come me tante persone – ho iniziato a scrivere e a fare illustrazione proprio grazie a questi spazi online, per hobby e sfogo personale, e forse senza quel tipo di esposizione pubblica quelle attività sarebbero rimaste solo passatempi.

L’industria di ogni velleità artistica negli ultimi vent’anni è stata investita profondamente da questa nuova componente, permettendo a chiunque di ottenere il ticket per questi quindici minuti di popolarità, o forse anche di più. Il panorama musicale è uno dei settori artistici che più di tutti ha permesso a chi aveva qualcosa da dire di dirlo, direttamente ai suoi possibili fruitori.

Nel 2003, infatti, la creazione di Myspace, comunità virtuale fondata da Tom Anderson e Chris DeWolfe, offre per la prima volta la possibilità di superare il monolite composto dalla gavetta per ottenere ingaggi, manager e contratti con etichette discografiche, e permette di avere a disposizione direttamente un palco, virtuale, dove poter far sentire la propria musica al mondo intero, infrangendo le barriere logistiche e fisiche.

Barriere che venivano abbattute non solo per i musicisti ma anche per i fan stessi, avendo a disposizione uno spazio che permetteva un contatto diretto con i propri nuovi idoli come mai era successo fino a quel momento.

I nomi degli artisti nati grazie a Myspace sono infiniti: da Adele agli Arctic Monkeys, pop stars come Katy Perry o Mika e gruppi tra cui Los Campesinos, The Kooks, My Chemical Romance, tra il 2003 e il 2010 Myspace si era trasformata in una nuova tappa obbligatoria — e profondamente fruttuosa — per chiunque volesse fare musica.

Nel suo periodo di maggior splendore Myspace era arrivato a contare fino a tre miliardi di utenti: di questi, in Italia – dove era arrivato solo nel 2007 – più di settantamila profili appartenevano a cantanti e gruppi musicali; una forma di condivisione nuova e immediata che, nel nostro Paese come in tutto il resto del mondo, ha creato una dimensione nuova di networking e fruizione della musica stessa.

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Al giorno d’oggi le piattaforme sono cambiate. Myspace è morto e dalle sue ceneri sono nati altri spazi — da Soundcloud a Bandcamp — che ci forniscono le stesse opportunità che offriva il loro antenato. Nel frattempo però le piattaforme dove poter offrire senza limiti i nostri contenuti si sono triplicate e anche nuovi spazi virtuali, non necessariamente legati alla sfera musicale, come TikTok, possono diventare la cartina tornasole di ciò che può musicalmente esplodere e cosa no.

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Il social network cinese fondato nel 2016 che permette di creare contenuti video ai suoi utenti offre la possibilità di declinare uno stesso suono in una miriade di video uguali e differenti, diffondendo un trend contemporaneamente sia in un formato video che audio.

TikTok ci abitua così a risentire lo stesso audio, lo stesso frammento di una manciata di secondi di una canzone, per un numero potenzialmente infinito di volte, influenzando in maniera inevitabile la diffusione e viralità di un brano.

Prima di Olivia Rodrigo, molti artisti emergenti come Lil Nas X o Doja Cat, o vecchie glorie come i Fleetwood Mac hanno assaporato le ondate di successo che un trend musicale su TikTok può conferire.

Olivia Rodrigo e la gestazione collettiva della musica

Il successo di Olivia Rodrigo — attrice e musicista statunitense che lo scorso maggio ha fatto uscire il suo primo album, Sour — è un esempio lampante di come i social siano ormai una componente decisiva per il successo, anche grazie a una gestazione collettiva e continua del materiale creativo.

Rodrigo, classe 2003, dopo aver partecipato alla serie televisiva di High School Musical ha iniziato a riscuotere grande successo prima con alcune canzoni scritte per il telefilm stesso, diventate virali su TikTok; poi quando a Gennaio 2021 esce il suo primo singolo da solista, Drivers License — con il quale infrange il record come brano non natalizio più ascoltato in una giornata secondo la classica mondiale di Spotify — non c’è angolo virtuale che non stia parlando di lei.

Olivio Rodrigo non è la prima musicista – tantomeno l’ultima — il cui successo è stato fortemente influenzato dalle potenzialità virali di TikTok: prima di lei molti artisti emergenti, come Lil Nas X o Doja Cat, o vecchie glorie come i Fleetwood Mac hanno assaporato le ondate di successo che un trend musicale su TikTok può conferire.

Pur avendo una profilazione dell’algoritmo differente — io personalmente dopo aver guardato Attack on Titan ero finita nell’animetok, meandro digitale di TikTok sicuramente ben lontano dal mondo della musica pop — in questi primi mesi del 2021 era impossibile non incappare in video riguardanti la giovane musicista: non solo video che riproducevano di continuo il singolo Drivers License, ma anche video che raccontavano i retroscena dei suoi drammi d’amore e i legami con le persone della sua vita, e dunque delle sue canzoni.

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Fin dai primi momenti a far parlare non è stato solo il talento indiscutibile della pop star della Gen Z ma anche i dettagli della sua vita privata che hanno fornito ai suoi fan — vecchi e nuovi — i tasselli per unire vita privata e percorso artistico, privacy e musica. Il singolo, infatti, racconta delle pene d’amore di una ragazza, fresca di patente di guida, che vaga per la strada di casa del suo ex fidanzato che le ha spezzato il cuore, dopo essersi messo con una ragazza bionda che l’ha fatta sempre dubitare.

Le nostre vite, artistiche e personali, sono così facilmente sotto gli occhi di tutti che i personaggi di questo triangolo hanno trovato rapidamente un volto: in Joshua Bassett, suo co-protagonista in High School Musical e suo presunto ex fidanzato, e nella cantante e attrice Sabrina Carpenter, che starebbe frequentando Bassett.

Questo triangolo amoroso, niente di nuovo per chi si ricorda gli innumerevoli triangoli della scuderia Disney dagli anni ‘00 in poi, ha riempito le for you page per mesi e mesi, portando alla creazione di contenuti video di raccolta di dissing, frecciatine e riferimenti, incuriosendo chiunque a prendere parte e schierarsi dalla parte di uno o dell’altra.

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Le ondate di materiali video e trend che orbitavano attorno a questa storia erano così numerosi da farci chiedere: è esplosa prima Olivia Rodrigo o prima il dramma amoroso che l’ha accompagnata? Dramma che non ha fatto che ingigantirsi quando Carpenter ha fatto uscire un singolo, Skins,  che sembrava essere una palese risposta — piccata — a Drivers License.

Questo non ha fatto altro che incrementare le tifoserie presenti, già sensibilmente sbilanciate a favore di Rodrigo, elemento che ha favorito la persona e conseguentemente la sua musica. Quando lo scorso maggio è uscito Sour, il suo primo album da solista, anticipato da due altri singoli — Deja Vu e Good 4 u — il trionfo musicale di Olivia Rodrigo è stato folgorante: Rodrigo nel giro di pochissimo è diventata la prima cantante ad avere due singoli numero uno dall’album di debutto dai tempi di Cardi B e il suo album Sour è volato in cima alla classifica Billboard 200 facendo raccogliere alla giovane musicista un traguardo dopo l’altro.

Questo nostro poter fruire del materiale artistico degli artisti così da vicino, conoscendo i retroscena, i riferimenti, ci permette di seguire la gestazione dell’arte collettivamente e di viverla in divenire, non solo a prodotto finito.

Ridurre il successo di Olivia Rodrigo al solo gossip amoroso sarebbe svilente — e sessista — e distrarrebbe dal vero dettaglio che è motore del suo trionfo: la vicinanza con il suo pubblico, la trasparenza che le permette di farsi avvicinare da una platea molto vasta di ascoltatori, dai suoi coetanei Gen Z ai Millennials ammaliati dalle vibes nostalgiche che ricordano i Paramore di Riot!.

Il grande potere della diciottenne Olivia Rodrigo sta nell’avere  preso gli strumenti digitali a nostra disposizione e aver offerto al mondo che la stava a guardare — e sentire — una vetrina limpida, uno spazio aperto e al tempo stesso intimo, che non può far altro che farci empatizzare, andare oltre alle distanze anagrafiche e contestuali e sentirci vicini a questa gestazione della materia artistica sotto lo sguardo di tutti ma trattata con la delicatezza della pratica privata.

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A conferma di questa condotta, lo scorso 29 giugno la cantante ha organizzato il Sour Prom, uno speciale film concerto con il quale ha festeggiato — fisicamente e virtualmente — il suo prom con i fan, in un concerto che ripercorreva alcuni brani del suo album in un’ambientazione da ballo di fine anno scolastico. Un tentativo sempre più evidente di cercare di mantenere — per quanto sarà possibile — un rapporto ravvicinato con chi l’ascolta, che può sentirsi realmente accanto alla sua nuova popstar preferita.

Sapere le sue pene d’amore, conoscere il riferimento — in tempo reale, pezzo per pezzo — di quella precisa canzone, i volti nascosti nelle sue melodie, accompagnarla metaforicamente al suo primo ballo di fine anno.

Se il talento della giovanissima cantante appena diciottenne è indubbio, è ugualmente certo che il suo successo sia strettamente legato non solo alla produzione costantemente centellinata sui propri canali social ma anche alla possibilità di sapere, di essere così vicini. Questo nostro poter fruire del materiale artistico degli artisti così da vicino, conoscendo i retroscena, i riferimenti, ci permette di seguire la gestazione dell’arte collettivamente e di viverla in divenire, non solo a prodotto finito.

Dall’era di Myspace alle nuove piattaforme digitali come TikTok sono passati decenni: sono mutate le modalità di contatto tra creatori e fruitori — in tutti i settori artistici — ed è in continua evoluzione l’uso e l’abuso che facciamo degli spazi di condivisione, ma è rimasto intatto il motore che ci scuote.

Un motore che sprona gli artisti a condividere il proprio operato artistico in un flusso continuo, un appuntamento seriale che sappia anche smussare le distanza tra artista e pubblico; che sprona il pubblico a voler ricevere sempre più informazioni, sentirsi parte del processo creativo, assimilare l’opera di un’artista tentando di scorgerci porzioni di realtà, vita privata.


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Vive a Pavia dove sta terminando gli studi di Letteratura moderna e Storia dell’Arte. È un’illustratrice conosciuta con lo pseudonimo Lipsteria e ha co fondato TUTTE Collective, collettivo femminista di illustratrici e grafiche. Scrive e disegna per diversi progetti di comunicazione, arte, e informazione. È autrice della newsletter e podcast Masafuera.

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