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Girlification11 min read

Girlification

Un trend di consumo e una riproduzione tecnologica di stereotipi di genere

di Gaia Giorgi

Artwork di Karla Rodriguez / Ghosty Heaven

Se TikTok dovesse averti profilata come una donna dai venti ai trent’anni, potresti vedere frequentemente dei video dove associa la tua personalità a qualcosa connesso a degli oggetti da acquistare per riflettere tale peculiarità: un fiore, una tonalità di colore, un dittatore. Il video ‘Which political leader are you?” ha una canzone di Lana del Rey in sottofondo, dove, su uno sfondo bianco c’è una foto di Vladimir Putin, associato a: una pelliccia, una bottiglia di vodka Smirnoff, delle scarpe rosa a punta e la foto di una donna bionda che accarezza un cavallo.

Un video caricato su TikTok il 12 maggio dalla content creator e assistente alla regia californiana 28enne Olivia Maher ha dato il via alla ‘girl dinner’: non una vera e propria cena, date le minime quantità di cibo presenti, bensì un piccolo pasto da consumare come “i contadini medievali che non avevano nulla da mangiare, tranne pane e formaggio”. Una girl dinner è solo una delle declinazioni del lessico della girlification di TikTok: fare una passeggiata diventa una hot girl walk; trovare dei contanti nella tasca di un cappotto dimenticato e spenderne il doppio, e guadagnarci comunque, è ‘girl math’. 

Una ragazza non è una donna

Ciò che è diametralmente opposto alla ragazza non è l’uomo, ma la donna, sostiene Marie Solis, giornalista del New York Times: i piaceri culturalmente connessi alla femminilità vengono apprezzati poiché privi delle complicazioni della vita adulta, del lavoro domestico, dei bassi stipendi. 

Tutto questo non sembra esistere nei contenuti dedicati alla vita ordinaria, quotidiana, dove il prefisso ‘girl’ viene usato per definire banali atti giornalieri. 

L’esperienza di camminare giornalmente diventa una faticosa corsa al pensiero positivo, dove la creatrice di questo trend, Mia Linda, afferma che durante questa passeggiata gli unici pensieri dovrebbero essere: cose per cui sei grata; i tuoi obiettivi e come hai in mente di raggiungerli e pensare a quanto sei, ovviamente, hot. 

La creatrice del trend propone dei video sulla piattaforma sponsorizzati da Weight Watchers, un’azienda statunitense fondata nel 1963 famosa per le sue diete finalizzate alla perdita di peso; il video originale, postato nel 2021, ha 3 milioni di visualizzazioni. Sia Mia Lind che Olivia Maher hanno specificato nella propria bio di Instagram di essere le CEO di tali trend: hanno entrambe dei merch ufficiali da cui acquistare prodotti come borse di tela, felpe, cappellini, magliette ufficiali (al modico prezzo di 66 dollari, quattro taglie disponibili).

L’utilizzo della parola ‘ragazza’ crea un’identità da adottare, una protezione, uno scudo; in maniera molto simile a quanto descritto dal professore Altman Yuzhu Peng nella sua analisi tecnofemminista della popolare app cinese BeautyCam: un’applicazione di editing di immagini per giovani donne sviluppata dall’azienda cinese Meitu, che, come spiega nel proprio sito web, fa della bellezza “il suo ideale principale”.

Influenzata dal pensiero della sociologa Judy Wajcman, l’analisi parte dal presupposto che la tecnologia non esista in quanto agenere, ma sia definita socialmente, laddove il genere è sia implicato nella costruzione che nell’uso di tali tecnologie, storicamente legate al dominio maschile. In virtù di tale creazione, le piattaforme conservano e recano con sé queste tracce.

L’utilizzo della parola ‘ragazza’ crea un’identità da adottare, una protezione, uno scudo.

Secondo le interviste realizzate con i programmatori, l’esperienza dell’utente è modellata da una strategia di ottimizzazione basata sull’assunto che:

1. Le utenti saranno attratte dalle risorse visive utilizzate, come il colore rosa, il font, lettere arrotondate, poiché rimandano ad un’estetica ‘kawaii’
2. Qualsiasi donna, una volta aperta l’app, vorrà scattarsi un selfie con l’aiuto di filtri facciali; quest’ultimi infatti vengono attivati di default.

L’enfasi posta sulla manipolazione di queste risorse vuole restituire quanto esse siano implicitamente associate ad una sorta di ribellione da parte delle giovani donne. L’estetica kawaii consente alle donne asiatiche di “utilizzare la rappresentazione della giovinezza e dell’immaturità come un modo per prendere le distanze da alcuni doveri femminili tradizionali” come, appunto, la devozione e l’ubbidienza alla famiglia e ai mariti.

Contemporaneamente, si verifica un paradosso: quanto è funzionale questa estetica di ribellione se opera all’interno di una struttura che manifesta un’implicita degradazione delle donne cinesi? 

Tecnologia di genere

In maniera analoga, vi è dello scetticismo su quanto tali micro-trend su TikTok siano un’identità da adottare per puro spirito di mercificazione: a chi giova questo marketing? Cosa succede quando delle giovani donne si identificano in ‘ragazze’, un termine ombrello che racchiude una serie di attività altamente incentrate sul consumo, e di rimando questa identificazione ti spinge sempre di più verso di esso? A quanto pare, non è solo TikTok a preferire le ragazze come utenza demografica: come spiegano le giornaliste Jeanna Smialek e Jordyn Holman sul New York Times, i tour mondiali attualmente in corso di Taylor Swift (Eras Tour) e Beyoncé (Renaissance) stanno registrando incassi mai visti precedentemente. 

Cosa succede quando delle giovani donne si identificano in ‘ragazze’, un termine ombrello che racchiude una serie di attività altamente incentrate sul consumo, e di rimando questa identificazione ti spinge sempre di più verso di esso?

Il tour di Swift potrebbe diventare il primo a superare il miliardo di dollari di incassi, mentre la seconda, il cui tour si è concluso il primo ottobre a Kansas City, potrebbe incassare ancora di più. Barbie, il film di Greta Gerwig, ha incassato più di 1,4 miliardi di dollari. Questo fenomeno potrebbe essere visto come conseguenza dell’appropriazione da parte delle aziende dei valori femministi nel tentativo di vendere politiche di stile di vita, la cui risposta è la celebrazione di prodotti, eventi e micro-trend basati su donne, creati da donne, che sperimentano le proprie versioni di femminilità. 

Già nel 2020 la studiosa inglese Melanie Kennedy aveva analizzato quanto la celebrazione della femminilità su TikTok potesse essere vista apparentemente come un antidoto agli effetti fatali mondiali del Coronavirus; in realtà, tale visibilità era illusoria poiché legata a un potere apparente, incarnato in un ristretto ideale di genere, sessuale, di classe e razziale. 

La fittizia piattaforma libera, senza filtri e ricca di possibilità in cui proliferano tuttora tali trend non è esente da ciò che viene definita dalla studiosa Alison Harvey come l’architettura aggressiva di Internet – nome coniato dagli studi urbani, paragonandola al design delle architetture ostili – in quanto i “sistemi e gli artefatti tecnologici progettati che costituiscono la nostra vita digitale servono a discriminare, emarginare ed escludere alcuni pubblici in modo sempre più naturalizzato ma in gran parte invisibile”.

Secondo dei documenti interni forniti ai moderatori di TikTok, essi avevano il dovere di sopprimere e rendere algoritmicamente irrilevanti i video creati da utenti di “forma corporea anormale”, “con troppe rughe”, affetti da “disturbi degli occhi”, con segni di “cicatrici”, in case ritenute “fatiscenti”.

Analogamente, in quanto forma di espressione digitalmente mediata, i contenuti dipendono strettamente dalle politiche di visibilità della piattaforma dove sorgono: secondo dei documenti interni forniti ai moderatori di TikTok, essi avevano il dovere di sopprimere e rendere algoritmicamente irrilevanti i video creati da utenti di “forma corporea anormale”, “con troppe rughe”, affetti da “disturbi degli occhi”, con segni di “cicatrici”, in case ritenute “fatiscenti”. Da micro-trend, le ragazze sono diventate mainstream, ed è una verità ormai riconosciuta che i ‘girl’ trend sono prolifici tanto quanto basta per differenziarsi all’interno di un algoritmo che esiste per trasformare la personalità in merce.

Quando è stato chiesto ad un product manager di BeautyCam il motivo del design dell’applicazione, basata sui presupposti di aderenza a una performance di ultra-femminilità e a un design correlato, la sua risposta è stata: ‘Facciamo del nostro meglio per offrire loro [le utenti] un’esperienza “senza cervello” […]. Le donne possono usarlo anche senza pensare’. 


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Vive a Bologna dove ha studiato Arti Visive per poi dedicarsi alla Semiotica. A breve inizierà uno stage a Berlino in un’agenzia di comunicazione.

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