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Le reacji facilitano la nostra comunicazione, ma forse non il nostro dialogo

Come le emoji di reazione stanno cambiando il nostro modo di comunicare e viverci le comunicazioni8 min read

Come le emoji di reazione stanno cambiando il nostro modo di comunicare e viverci le comunicazioni

Le reacji facilitano la nostra comunicazione, ma forse non il nostro dialogo

di Beatrice Tura

artwork di Alessandro Malossi

Il ruolo delle emoji di reazione, anche note come reacji, si è notevolmente evoluto negli ultimi anni. Passando dalle piattaforme più pubbliche come Instagram a quelle più private come WhatsApp, sembrano essere sempre più irresistibili. Ma perché? E qual’è il loro effetto? Su chi? E quando? Pensatori, psicologi, utenti e giornalisti di tutto il mondo stanno iniziando a riflettere su questo tema e a sollevare diverse questioni e dibattiti.

È stato scritto molto su come gli emoji ci aiutino a completare i nostri messaggi scritti con un senso di emozione; di come siano un ottimo modo per esprimere sentimenti positivi e attenuare quelli negativi e per comunicare con i nostri cari, soprattutto quando siamo lontani, come sostiene la dottoressa Riordan su Psychology Today (2019). Tuttavia, poiché riducono l’ambiguità, quando accompagnano il testo possono anche ridurre le sfumature, dando alla comunicazione forme standardizzate, soprattutto quando si tratta di reacji.

I Reacji possono essere vissuti in modo diverso a seconda che siate voi a scrivere o a reagire, a seconda di come e chi siete, del vostro approccio alla tecnologia, e del contenuto della comunicazione. Tutti noi ci siamo trovati nella situazione di non avere né il tempo né la voglia di rispondere a un particolare messaggio scritto e abbiamo deciso di inviare una delle reazioni più comuni: un segno di OK per confermare la ricezione, un cuore se ci è piaciuto quello che abbiamo letto, una risata se l’informazione era intesa come divertente e le mani congiunte se dobbiamo ringraziare il mittente.

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Dietro a tutte queste opzioni c’è quello che possiamo definire il risultato della response fatigue. Meghna Mukherjee, psicoterapeuta psicoanalitica, sostiene che siamo cosi costantemente connessi con così tante persone, da essere esausti e logorati, ma allo stesso tempo abbiamo anche paura di perdere la connessione, siamo a disagio nel lasciare le cose non riconosciute e le reaction emojis ci permettono di rispondere nonostante la stanchezza. 

L’antropologo e marketing strategist Ishtaarth Dalmia aggiunge, “in un mondo sempre online, lasciare qualcuno in “in lettura” è diventato quasi un peccato capitale” e le reaction emojis ci aiutano ad evitare di “seen-zonare” (come friend-zonare) gli altri, riducendo al contempo l’onere di rispondere a parole” 

Questo sottolinea 1) che non esercitiamo il diritto di non rispondere; il non rispondere ha assunto un significato educativo di base, in base al quale l’emoji di reazione ti solleva dal dovere di rispondere liberandoti dalla colpa di non farlo e 2), in modo collegato, che l’emoji di reazione è diventata un tropo essenziale di cortesia di base nel mondo del politicamente corretto.

Il terzo punto è che le emoji di reazione ci stanno togliendo il potere di rispondere, di costruire risposte, di pensare alle risposte e di presentarle. Questo, a lungo andare, può avere un impatto non solo sulle nostre capacità di scrittura, ma anche su quelle creative, argomentative e sulla nostra fiducia nell’esposizione. In effetti, i reacjis ci permettono di partecipare all’interazione risparmiandoci il peso di dire la nostra, avere un’opinione e rimanendo, in un certo senso, un interlocutore anonimo. Ridurre la comunicazione a una serie di codici, oltre a indebolire la nostra capacità di argomentare e a diminuire la nostra fiducia nell’esprimere i nostri punti di vista, apre la strada a ulteriori e ampi interrogativi su ciò che i reacji, a lungo andare, possono fare al nostro senso di comunità, alle nostre capacità di dibattito e al nostro rapporto con il conflitto, un mezzo di crescita sociale storico, direbbero in molti.

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L’emoji di reazione ti solleva dal dovere di rispondere liberandoti dalla colpa di non farlo

Passando dal lato di chi riceve le reacji a un messaggio scritto, possono avere effetti deprimenti ed aumentate il senso di solitudine – soprattutto in un momento storico in cui viviamo una crisi di solitudine globale, come argomenta Porrovecchio su The Vision nel dicembre dell’anno scorso. Articoli accademici pubblicati in precedenza, dal Journal of Computer-Mediated Communication nel 2016 e il Journal of Broadcasting and Electronic Media nel 2019, riportano che reazioni veloci, come un cuore, un like o simili hanno effetti negativi su molte persone, aumentando considerevolmente il loro senso di solitudine e disagio sociale, facendoli sentire ignorati, poco interessanti o degni di attenzione. In sostanza, gli studi dimostrano che diverse persone possono trarre vantaggio dalla comunicazione online purché la risposta alla comunicazione provenga da qualcuno vicino a loro e sia specificamente adattata alla persona – altrimenti, l’effetto può essere particolatamente negativo.

Tuttavia, come dimostra un dibattito pubblicato su The Verge nel 2020, l’effetto sociale delle reacjis non è omogeneo. Le diverse parti del dibattito sono: chi dice che un pollice alzato è sempre meglio di niente, chi sostiene che l’uso degli emoji di reazione dipende principalmente da chi li usa – se non sei molto comunicativo nella vita reale, potresti essere più incline a usare i reacji – , ci sono coloro che sono d’accordo con l’idea che aumentino un senso di isolamento e solitudine, chi si lamenta del fatto che i 6 reacji di base non coprono una gamma emotiva abbastanza ampia e chi li apprezza perché fanno risparmiare tempo.

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Insomma, il mondo dei reacji, come tutte le continue novità e modifiche apportate alla comunicazione digitale, è un fenomeno su cui riflettere, da analizzare ed interrogare. Può darsi che le reacji abbiano un effetto su alcune persone in alcuni contesti, un uso per alcune persone in altri contesti e possono quindi essere allo stesso tempo benefiche e dannose, a seconda di tali cambiamenti di contesto. Sono utili per brevi comunicazioni di lavoro, per chi non è nativo digitale e trova digitare messaggi di risposta scritti una pratica impegnativa (e non ha voglia di “vocalizzare” degli “OK” o “ricevuto), possono favorire scambi piacevoli tra persone già intime che si immaginano a priori la reazione dell’altro, ma al contempo possono contribuire ad una serie di rallentamenti sociali, relazionali e comunicativi importanti.


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