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La realtà in gioco4 min read

Questo articolo è estratto da Dylarama, la newsletter settimanale a cura di Siamomine su tecnologia, scienza, comunicazione, lavoro creativo e culturale.
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Pochi giorni fa, l’Università di Cambridge ha pubblicato un videogioco gratuito in cui, per vincere, devi capire come destabilizzare l’idillio democratico di un piccolo centro abitato, seminando odio e disinformazione.

Il vero scopo del mini game, rilasciato insieme a uno studio pubblicato sulla Harvard Misinformation Review, sarebbe quello di familiarizzare le persone con i meccanismi che si celano dietro le campagne di fake news, per insegnare loro a riconoscerle e segnalarle. Stando alla ricerca, l’apprendimento tramite inoculazione su cui si basa il video game si è rivelato estremamente efficace, mostrando un incremento significativo di consapevolezza e di capacità critica in tutte le persone che hanno attraversato i quattro livelli del videogioco.

Ovviamente, non è la prima volta che un gioco ci insegna qualcosa sulla società. Restando in tema flash games, il collettivo italiano Molleindustria è tra i migliori esempi di programmazione di giochi gratuiti a sfondo satirico o, come affermano gli stessi creatori, con «attitudine mediattivista e critica videoludica». Il più famoso di tutti è indubbiamente quello su McDonald’s, durante il quale dovete fare di tutto per impedire il fallimento della catena di fast food, imparando le strategie e i segreti che si celano dietro la filiera produttiva e aziendale della corporate. Oltre a essere molto bello, è anche difficilissimo, quindi vi sfido a provarlo.

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Tornando indietro nel tempo, invece, questo articolo pubblicato sul New Yorker racconta la storia di Ultima IV: Quest of the Avatar, un videogioco pubblicato nel 1985 da Richard Garriott, e che sarebbe stato il primo a mettere al centro della dinamica di ruolo l’importanza delle scelte morali. Dopo aver ricevuto diverse lettere dai fan della serie, che si congratulavano per la libertà nel gioco di ottenere facilmente il potere derubando i negozi e uccidendo onesti cittadini, Garriott capì che non era questo ciò che voleva suscitare con le sue opere e decise di costruire il quarto episodio come un esperimento di etica personale, conquistando il pubblico che finì per trovarlo estremamente catartico e formativo.

kent sheely, cities in flux
Cities in Flux è l'opera dell'artista Kent Sheely che trasforma il videogioco Grand Theft Auto: San Andreas in un generatore di arte astratta interattiva.

Anche il Monopoly è nato con un intento educativo, ovvero quello di insegnare ai giocatori i pericoli della concentrazione della ricchezza in poche mani. Chissà cosa direbbe la sua ideatrice, Elizabeth Magie, guardandoci giocare oggi con il solo scopo di schiacciare gli avversari comprando Parco della Vittoria per costruirvi case e alberghi come se non ci fosse un domani.

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Forse non ne sarebbe tanto stupita, dato che, come racconta questo approfondimento del Guardian, per decenni l’invenzione del gioco (originariamente intitolato The Landlord’s Game dalla stessa Magie) è stata oggetto di appropriazione da parte di Charles Brace Darrow, che è diventato il primo game designer milionario nella storia, mentre la vera ideatrice ha ricevuto solo 500$. Per citare lo scrittore Oli Mould: «Darrow had taken a progressive, quasi-critical product and turned it into one of the most recognisable brands in the world that encourages a mind set of total competition, a winner-takes-all mentality».

Ma torniamo ai videogiochi: i mondi virtuali e i mondi di gioco possono essere considerati «attività che ci possono aiutare a sopperire alla mancanza di senso che caratterizza l’esistenza umana»? Se lo chiedono gli autori del libro Virtual Existentialism in questo approfondimento su L’Indiscreto.

Per concludere, ecco un po’ di giochi per aiutarvi a trascorrere l’ennesimo weekend di pandemia: una versione di Cards for Humanity per imparare l’inclusive design, il mini game segreto di Fornasetti in cui giocare a tiro a bersaglio con i suoi iconici piatti e, Art Sqool, il videogioco (a pagamento) dell’artista Julian Glander per rispondere alle seguenti domande: un videogioco può renderci più creativi? L’Intelligenza Artificiale può sostituire un professore d’arte umano? Sai disegnare un cavallo?

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